In fondo al libro è riportato questo capitolo sulla nostra rete.

La rete smarketing

Alla fine di questo libro avete diritto di sapere come passiamo dalle idee alla pratica.
Non vogliamo essere un marchio che attesti l’“eticità” di una comunicazione. Non siamo un brand, semplicemente usiamo il nostro nome per firmare quello che facciamo (questo libro, corsi , campagne…).

Anche se l’idea di base e il nome nascono negli anni 90, e con essi vari concetti teorici e molti spunti operativi, è solo dal 2009 che c’è una rete di professionisti che li sperimenta sistematicamente su scala sufficientemente ampia. Anche molti mezzi che oggi adottiamo, a partire dal web 2.0, sono recenti. Quattro anni sono il minimo per il riscontro effettivo dell’efficacia in lavori che chiedono qualche anno per compiersi. Chiedono tempo anche le sperimentazioni empiriche e le decisioni partecipative (non votiamo a maggioranza, sulle scelte importanti dobbiamo essere tutti d’accordo).

Quello che segue è una prima sintesi, ma per una questione di onestà intellettuale tenete presente che siamo sempre in un processo evolutivo; su www.smarketing.it potrete leggere come continuiamo: alle parole devono seguire i fatti e anche viceversa, perché come ogni artigiano “pensiamo con le mani”, quindi il fare concreto è parte importante dell’elaborazione di una teoria.
Attualmente siamo in sette; dopo aver studiato varie ipotesi (cooperativa, associazione, studio associato) abbiamo scelto la soluzione più pratica e anche la più semplice: ognuno ha la sua partita IVA e lavoriamo in rete.
Ci diamo alcuni principi ideali e delle regole concrete, per metterli in pratica.

I principi ideali

Lealtà col cliente: significa anche
• incoraggiarlo a far da sé la parte basica della comunicazione, se possibile
• pianificare la comunicazione per fargli spendere il meno possibile
• rispondere personalmente dei risultati effettivi
• tentare di collaborare, senza competere/confliggere, con eventuali suoi tecnici locali
• non subappaltare mai il nostro lavoro a terzi

Lealtà tra di noi: rapporti paritari e non gerarchici (neanche per età, fama o esperienza)
Si accettano solo clienti che rispettano i diritti dei lavoratori, l’ambiente, che dichiarano un codice di comportamento (e lo rispettano).
Ciascuno di noi rifiuta di ricevere o dare lavoro subordinato precario, inclusi gli stage.
Siamo attenti il più possibile a ciò che accade intorno, tecnicamente e culturalmente.
Crediamo nella condivisione del sapere e la pratichiamo
Cerchiamo di dare importanza alla comunicazione informativa sulle qualità del prodotto rendendo più competente chi compra.
Cerchiamo di accorciare la filiera tra produttore e acquirente.
Condanniamo il green washing, quindi rifiutiamo qualsiasi cliente che abbia una pratica generale aziendale criticabile sul piano ambientale, anche quando ci volesse coinvolgere in sottosettori o branche con appeal ecologistici. La stessa cosa per quanto riguarda i temi sociali, culturali o terzomondisti.

Lo smarketing è un processo ideale, non un’ideologia, quindi:
• Per il professionista lo smarketing è un processo di liberazione verso il momento in cui potrà lavorare esclusivamente con clienti non profit e in le forme di economia “altra”.
• Nel percorso, ciascuno di noi resta libero di decidere se accettare o no clienti convenzionali (all’esterno dal proprio rapporto con la rete), ad esempio in caso di necessità economiche o di particolari occasioni di crescita professionale. Da questo principio di tolleranza sono escluse aziende o organizzazioni che abbiano comportamenti criminali o gravemente antietici.
• Per il cliente lo smarketing è un processo di liberazione dall’esigenza di fare pubblicità commerciale tradizionale o di sottostare ai vincoli della grande distribuzione. Il nostro compito è dargli suggerimenti e strumenti per farlo; dopodiché lui è libero di scegliere ciò che sa, può, vuole fare: in ogni caso dovrà adottare semplici strumenti per misurare l’effettiva efficacia dei risultati e valutarne gli esiti insieme a noi.

Non può entrare nella rete un professionista che
• assume sottoposti con contratti non continuativi o accetta stagisti.
• accetta di essere pagato “in nero” anche parzialmente.
• non dedica almeno il 20% del tempo annuo a formazione, aggiornamento o esperienza con nuovi strumenti.
• rifiuta una concezione condivisa della proprietà intellettuale.

Il piano pratico

Prima di cominciare qualsiasi lavoro verifichiamo se e come siamo necessari, erogando al cliente una consulenza a prezzo politico di poche ore; vediamo insieme sito, cartaceo, IC, strategie; la nostra valutazione e i nostri consigli gli permettono di decidere cosa fare avendo più chiari i punti di forza/debolezza, i costi possibili di diverse soluzioni, cosa può fare da sé, cosa con noi, cosa con suoi eventuali tecnici locali o abituali.
Dopo questa consulenza il cliente può decidere di attribuirci un incarico professionale. In questo caso si redige un protocollo di reciproca fiducia tra professionisti e cliente (una dichiarazione di intenti e metodi già “collaudata su strada” coi clienti precedenti) che tutti sottoscrivono.
I preventivi sono trasparenti, in essi è esplicitata la mansione, il compenso e la tempistica di ciascun professionista. La cifra del preventivo corrisponde a quella finale, senza aumenti in corso d’opera, se non per mutate richieste del cliente o per motivi oggettivi e condivisi.
L’incarico di solito definisce quale parte del lavoro dev’essere erogata direttamente dal professionista e quale sarà oggetto di formazione o affiancamento perché la struttura del cliente possa gestirselo direttamente; anche la cura di questa graduale la transizione dal lavoro esternalizzato al lavoro interno spesso è parte dell’incarico.
Non si accetta la tradizionale percentuale da parte delle testate che pubblicano inserzioni a pagamento o dalle loro concessionarie: siccome ne suggeriamo alcune invece di altre, assumendoci un ruolo arbitrale di consulenti terzi, ciò produrrebbe un conflitto di interessi. Chiediamo alle testate che la provvigione sia convertita in uno sconto per il cliente.
Al cliente si suggeriscono solo i lavori che gli sono necessari, senza accettare, e tanto meno sollecitare, la commessa di lavori a nostro avviso inutili, anche qualora fosse per noi conveniente.
Si persegue l’autonomia del cliente e la si facilita, nei limiti della sua disponibilità personale, tecnica e organizzativa.
Si aiuta il cliente a ridurre le esternalità negative (es. spreco di carta).
Si incoraggia il cliente che non lo fa a sviluppare protocolli di CSR.
Ci piace il baratto e lo scambio merce, purché rendicontati.
Il cliente non ha sempre ragione: quando le sue richieste ci paiono tecnicamente poco efficaci o controproducenti, glie lo diciamo e lui è tenuto a confrontarsi: altrimenti tradiremmo la sua fiducia.
A proposito della comunicazione elettorale, o comunque politica, la rete non è neutrale: si schiera con nettezza verso la tutela del lavoro, dell’ambiente, della cultura, dei beni comuni e dei diritti civili; non si schiera però con questa o quella specifica parte perché persegue in ciascuna di esse un aumento della democrazia interna, della capacità di ascolto, della trasparenza e dell’interlocuzione con la propria base. Per questo non accetta specifiche campagne per un partito o un candidato, ma forma gruppi di attivisti e volontari verso una comunicazione efficace, nei diversi territori per qualsiasi partito o movimento nelle aree politiche interessate.
Stages: quasi sempre sono uno sfruttamento spregiudicato e anche una forma di diseducazione (viene inculcato un modo di lavorare parcellizzato, gerarchizzato, affrettato e alienante). Per il giovane professionista che vuole cominciare ci possono essere altri strumenti, come l’affiancamento congiunto a un suo primo cliente.
Account: sono quelle persone che in una grande agenzia mediano tra creativi e cliente, spesso spingendolo a spendere sempre di più. Noi non ne abbiamo. Questo elimina molti costi e ambiguità, ma anche sottrae un utile mediatore culturale tra cliente e noi. Ne consegue che senza account tutti dobbiamo essere più capaci di ascolto, capaci di mettersi nella mentalità dell’altro.

Come vogliamo lavorare

Vogliamo lavorare con soddisfazione umana, relazionale e creativa, seguendo le nostre aspirazioni personali e sociali, nel rispetto dell’ambiente e delle persone.
Pretendiamo di guadagnare lealmente il giusto, senza far male al mondo e aiutando produttori ed acquirenti a risparmiare soldi e risorse e a tessere rapporti più solidali e continuativi.
Vogliamo che il cliente paghi meno possibile; lo aiutiamo a risparmiare su molte spese di marketing abitualmente considerate indispensabili: usiamo poca carta, poche inserzioni, molti strumenti economici.
Per questo scopo la prima strada da seguire è rivolgerci a chi condivide lo stesso spirito e le stesse motivazioni. Insieme a loro vogliamo migliorare il senso comune e convincere il resto del mondo produttivo ad orientarsi verso valori etici ed ecologici.