I nostri messaggi come auto nel traffico
Avete presente quei tipi che quando sono in auto si incavolano coi pedoni e quando sono a piedi ce l’hanno cogli automobilisti? Anche se non è simpatico, vi annuncio che tutti noi gli somigliamo: quando emettiamo dei messaggi pretendiamo che il ricevente li ascolti distinguendoli nel caos in cui è immerso; ma quando siamo noi a ricevere simili input ne siamo infastiditi, spesso sentiamo pure insofferenza per chi li emette.
Come esempio prendiamo la forma di comunicazione più elementare ed economica, un volantino.
L’arte, frustrante, di volantinare
Voi fate un volantinaggio e la gente rifiuta il vostro foglietto senza neanche sapere cosa c’è scritto: non è una bella sensazione.
Con alcuni studenti di Milano1, abbiamo videoregistrato un volantinaggio per capire quanto tempo si posa lo sguardo del ricevente sul foglio prima di decidere se accettarlo o no. La videoripresa dei bulbi oculari fu meno difficile di quanto si potrebbe pensare: i pedoni dovevano passare per una strettoia in fila indiana illuminati in faccia dalla luce del mattino.
Come spesso succede, si impara di più dagli insuccessi che dai successi: il tempo dello sguardo era così infinitesimale che non era quasi mai misurabile e comunque quasi nessuno voleva il volantino.
L’importanza di capire subito l’argomento
Innanzitutto abbiamo scoperto che lo sguardo si posa più a lungo sul volantinatore che sul volantino.
Non ci è sembrato che fosse una questione di bellezza o eleganza. È stato smentito anche il mantra misogeno un po’ di gnocca funziona sempre: una studentessa molto graziosa che appositamente si era “messa in tiro” ha avuto grossomodo lo stesso insuccesso di coetanei maschi meno belli. Tutti hanno testimoniato invece l’impressione che il passante guardasse il volantinatore per capire l’argomento e quindi quanto gli interessasse il volantino.
Si trattava della promozione di un concerto di una band di studenti, e chi si vestiva in modo simile all’argomento (cioè coerente allo stile e al genere della band) aveva un po’ meno insuccesso degli altri.
Dice molto più la grafica del testo
La misurazione del tempo dedicato allo sguardo sul volantino è stato il dato più clamoroso, così breve da essere praticamente impercettibile, poco misurabile neanche dove potevamo fare il timing in digitale della videoregistrazione dei bulbi oculari: un tempo nell’ordine dei pochi decimi di secondo.
Per leggere una sillaba ci vuole circa un decimo o due, a chi legge poco anche mezzo secondo. Ma prima ne servono almeno 4 o 5 per capire la pagina ed orientarsi in essa. Quindi uno sguardo che dura pochi decimi di secondo, dato da lontano a un mazzo di volantini in movimento, basta al massimo ad avere un’idea flash dell’impaginazione e leggere forse una parola del titolo. Questo è quello che decide se il messaggio passa o non passa, quindi la cosa più importante di tutte.
La questione cambia, ma poco, per i tanti volantini accettati, appena degnati di uno sguardo e poi abbandonati. Di solito sono gettati a terra: un comportamento poco civico e poco ecologico che però è indotto dalla logica stessa del volantino, che sollecita lo spreco di carta.
I volantini subito abbandonati o gettati sono guardati per un tempo più lungo, ma raramente superiore al secondo. In un secondo mi faccio una discreta idea flash sul volantino (coerenza grafica, colore, ingombro) e leggo forse una parola del titolo.
La relazione è più importante del contenuto
Il volantinatore che guarda il passante negli occhi con un sorriso franco e gli mostra da lontano il volantino, senza fare gesti invadenti, ha una discreta probabilità che questi lo richieda spontaneamente, ribaltando i ruoli. Naturalmente la grafica deve essere amichevole e si deve capire subito l’argomento. Così, tra l’altro, i volantini abbandonati per terra diventano pochissimi: si possono raccogliere e se sono puliti riusare, se no gettarli nella carta da riciclare; non è solo una questione ecologica, è anche evitare una ferita narcisistica: la brutta sensazione si prova quando una cosa a cui tieni è per terra calpestata da tutti.
Anche se è una relazione che dura un istante, in quell’attimo lo sguardo reciproco tra chi dà e chi riceve il volantino libera entrambi dall’anonimato; distribuisci meno volantini (risparmiando carta e soldi), ma è più probabile che vengano letti, specialmente se li offri a chi entra in metropolitana, che avrà un po’ tempo per leggere.
Ma questo agli studenti non l’ho raccontato subito, era necessario che lo scoprissero da soli: queste cose, se le “insegni” a mo’ di manualetto di istruzioni, ne perverti il senso.
Lo scopersero solo alla fine del secondo giorno.
1, in particolare Facoltà di Informatica/Polo di Crema, classe di Nuovi Media aa. 2002-03, più a titolo personale una studentessa della IULM e due studenti medi del Parini. Si è trattato di due mattine feriali davanti a un ingresso della metropolitana. Le videoregistrazioni sono state informali, autogestite dagli studenti; il metodo seguiva una pragmatica di “caccia al problema”, quindi la ricerca non pretende di avere alcun valore statistico quantitativo. I risultati che qui riassumo sono esiti esperiti dai partecipanti, ai quali devo molte delle intuizioni che qui riporto.
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