Siamo fatti della materia di cui son fatti i sogni
William Shakespeare
Se vuoi parlare di ecologia o di etica e mostrare a tutti che sei un bugiardo, o quantomeno un gran superficiale, il sistema è semplice: usa carta di cellulosa vergine. Meglio ancora se è patinata da 200 grammi e ne usi tanta, magari con abuso di inchiostri colorati. L’effetto è certo.
Lo so; quasi tutti gli stampatori di provincia in magazzino ne hanno solo di pessima o di carissima e ti racconteranno la diffusa squalificante scusa: “tanto non è vero che quella riciclata inquina di meno”.
Se dicono così sono bugiardi o male informati, quindi scarsamente professionali (in fondo a questo capitolo troverete i dati ecologici). In questo caso porse vi verrebbe voglia di rinunciare: di stampare su carta “normale” per premura e per ridurre le complicazioni; non fatelo. Dovete cambiare subito stampatore, per ottenere un buon lavoro e per rieducare la categoria.
E anche per salvarla, perchè questa loro inerzia sulle vecchie abitudini dirotta tanti loro clienti verso il web to print (sigla W2P), cioè verso grandi aziende sovranazionali come Pixart o FlyerAlarm, a cui mandi via internet il pdf da stampare e dopo 48 ore ti arriva in ufficio il corriere che ti consegna la carta già stampata a un prezzo competitivo… (per le piccole tipografie di paese è un massacro, ma dove il tipografo è sleale questo massacro ci fa meno impressione).
Col W2P è possibile, tra le altre cose, anche una scelta di qualche carta riciclata (una varietà non ricca, ma abbastanza accettabile e sicuramente più economica).
Se la carta è pulita le parole respirano
Certo, la carta ecologica può mascherare il green washing. Oggi qualcuno parla anche di brown washing per indicare l’uso dei colori écru per far sembrare ecologico un prodotto che non lo è (evidente; al supermercato guardate i banchi del fresco o dei biscotti… quante porcherie industriali travestite!)
Tuttavia sicuramente una carta non ecologica denuncia che chi la usa è un inquinatore e un abbattitore di alberi; che fiducia meriterebbero le tue parole scritte su una carta che inquina il tuo lettore?
Quanto è ecologica l’estetica!
Davvero una carta con una nuance color terra è più brutta di quella bianchissima? Davvero una carta che al tatto è porosa e calda è peggiore di una fredda e liscia al punto di sembrare viscida? Davvero il suono che fa la carta e il suo odore non significano nulla a livello inconscio?
Oggi tutto intorno a noi è coperto da una superficie fittizia: compri delle mele bellissime lucide e colorate, ma le devi sbucciare per non avvelenarti; le sbucci su un vassoio che sembra di legno ma in realtà è solo coperto di plastica color legno, appoggiato su una cucina che sembra di marmo ma è solo agglomerato sintetico color pietra; alla fine le mangi e, mentre la radio ti coccola con una bella musica di sintesi, ti guardi allo specchio e ti chiedi se quella persona sei tu o è la tua cosmesi.
Siamo circondati da moltissimi oggetti ma la materia sostanziale di cui son fatti è nascosta, si vede solo la pelle di plastica lucida e coloratississima. Toccateli, odorateli, sentite se sono caldi o freddi: siamo intrappolati in un mondo anaffettivo, creato solo per ingannare l’occhio; siamo bravi a non impazzire, ma così non va assolutamente bene.
Googlate “privazione sensoriale”: scoprirete che in alcuni stati (polizieschi ma “democratici”) per indurre un detenuto al suicidio, si usavano stanze anecoiche (dove il suono non rimbomba) con obbligo di indossare i guanti e luci diffuse (senza ombre). L’assenza di percezioni (o più precisamente l’assenza di percezione neuronali di cambiamenti provocati dalla propria presenza) porta rapidamente a depressione e allucinazioni.
La città, gli appartamenti, i posti di lavoro… questo incubo di superfici senza grana, di oggetti senza odore e freddi al tatto, fa diventare rara e preziosa qualsiasi cosa che abbia una propria matericità, una propria filigrana, rugosità, imperfezione geometrica.
Tre motivi per sceglierla ecologica:
1. costruire uno stile in cui per essere bello un oggetto deve avere un corpo
Se racconti di aver fatto una scelta naturale, ecologica o innovativa, devi uscire dai cliché epidermici della carta “bella bianca”.
Anche un oggetto piatto e bidimensionale come la carta può avere una sua profondità.
La questione tecnica-grafica è che se usi una carta più materica e corposa (meno “plasticosa”) non puoi usarla trasferendo semplicemente su di essa quell’idea di “bello” basato su colori molto contrastati, grafica tecno, bianco abbacinante… un tale modo di far grafica, effettivamente, sui materiali naturali porosi e ruvidi può essere disastroso.
Occorre un’estetica che faccia virtù delle fibrosità, delle granulosità, delle textures; i colori si appastellano, la nitidezza deve essere migliore e con più aria, per gestire bene il segno dell’inchiostro sulla carta che risulterà un pochino meno nitido. Significa cambiare radicalmente stile; il risultato si vede.
Notiamo che questo passaggio è simulabile abbastanza bene: ci possono essere aziende che fanno finta di essere verdi usando bene i colori “sporchi” e la grafica un po’ granulosa su carte riciclate, se il progetto grafico è buono, esteticamente il risultato può essere bellissimo anche se eticamente non lo è affatto. Dunque non è automatico che chi fa questa scelta estetica sia sincero. Ma è automatico il viceversa, cioè: chi non la fa non è coerente.
2. generare mainstream
Il secondo motivo è che tutte le volte che facciamo comunicazione modifichiamo l’idea di cosa sia“normale”. Significa innanzitutto che molte persone scoprono il gusto di avere in mano un foglio sensorialmente diverso. Significa che associazioni, cooperative, gruppi cominciano finalmente a porsi il problema. Significa che diventa più probabile che uno stampatore abbia in casa la riciclata e che i grandi web to print (tipo Flyeralarm o Pixart) abbiano maggior scelta di carte ecologiche e uso mano.
3 inquinare meno per salvare il Pianeta.
Il terzo è il più importante, anche se è ovvio. L’ho lasciato in fondo ai tre perché implica un’altra questione: quanta carta usiamo; cioè occorre controllare la tiratura, usare anche i ritagli (per segnalibri, visita, piccoli gadget a costo zero…) e soprattutto progettare bene la comunicazione trasformando il vincolo in risorsa: ad esempio un volantino A5 se è scritto e impaginato bene è sicuramente più efficace di tante brossure patinate grandi come libri che si vedono nelle fiere
Ricordiamoci che molta della roba che abitualmente si stampa starebbe meglio su internet: per ecologia, e anche per economia e per reperibilità. Solo se stampate un testo importante che la gente vorrà leggere spesso, o che deve sopravvivere varie generazioni, (ad es. una storia locale con testimonianze degli anziani che tutti i compaesani vorranno avere in casa o cercheranno in biblioteca) allora forse vale la pena di consumare materie prime preziose. Ma quasi sempre si stampa carta senza questi due importanti scopi.
Invece ciò che ha vita breve, che dev’essere aggiornato frequentemente, che è difficile o costoso da distribuire, o comunque di cui non controlli bene la distribuzione e quindi non sai bene come calcolare la tiratura (spesso si stampa in quantità eccessiva illudendosi di risparmiare nell’economia di scala, poi restano tante copie inutilizzate in magazzino)… quasi sempre queste cose stanno meglio su internet.
Vale ovviamente per l’inutile brossura patinata di 30 pagine piena di testi in corporatese e foto trovate sulle banche immagini (sarà inutile anche su internet, ma almeno non avrà fatto guai).
Vale però anche per le cose importanti: non stampate su carta il vostro bilancio sociale di 120 pagine, anche se ci avete messo due mesi a farlo e se lì dentro c’è il senso del lavoro di tante persone: avreste difficoltà a distribuirlo e fra un anno sarà vecchio; basta stampare su carta l’abstract ben leggibile di 15 pagine: l’importante è mettere sul sito il PDF completo a disposizione di chiunque: chi ha interesse potrà accedervi, scaricarselo e magari trovare le parti che interessano usando la funzione di ricerca parola.
Non c’è solo la carta
La qualità materica e sensoriale non riguarda solo la carta. Già cominciamo a scoprire che i cibi troppo raffinati fanno male, che gli abiti in fibre sintetiche sono meno sani e durano meno. Quando parliamo del lay out del tuo negozio, degli imballaggi dei tuoi prodotti, delle stoffe, degli arredi, degli stand, perfino della voce che legge il tuo spot alla radio… il problema è simile. So benissimo quanto è pratico arrivare a una fiera col roll-up di PVC prestampato: lo porti con un trolley e in pochi minuti lo monti. Poi però diecimila persone ti passeranno davanti pensando che tu sei di PVC; e che sei come tutti gli altri. Non dico di cadere nell’eccesso opposto (tipo il lenzuolo di cotone scritto col pennarellone), ma una via di mezzo personale e creativa non è poi così difficile.
Approfondimenti
Naturale o patinata?
Ci sono due tipo di carta da stampa: quella naturale (o “uso mano”) e quella dove la porosità viene riempita da una patina mediante miscele chimico-fisiche. Un tempo la carta patinata (con caolino o carbonato di calcio) era considerata migliore perché coi vecchi processi di stampa c’era meno dispersione di inchiostro e il carattere risultava più nitido. Oggi è il contrario, la patinata moderna è di solito molto lucida e il riflesso rende difficoltosa la lettura, specie se si ha una luce alle spalle o se si legge in piedi all’aperto. Quando ricevi la copia stampata in mano non è come sembrava nel monitor: lo stampato lucido appare più finto, più “plasticoso”. La “uso mano” moderna invece è più economica ma tiene benissimo l’inchiostro; al tatto è più calda vellutata e porosa; ha una personalità fisica.
A tutti conviene la scelta più economica quando è anche la migliore qualitativamente; ma ancora di più a chi stampa contenuti ecologici o legati alle buone pratiche.
Grezza o sbiancata?
Nel processo “normale” la pasta di cellulosa si sbianca mescolandola con cloro e biossido di cloro: sono sostanze molto inquinanti perché entrano nel circuito dell’acqua provocando danni serissimi; inoltre se la bruci, produce diossina (fa venire il cancro e contamina le donne incinte generando malformazione nei feti). Come minimo occorre cercare il marchio ECF (Elementary Chlorine Free) che indica un minore impatto ambientale
L’alternativa è accettare il colore naturale della carta che è molto chiaro ma non perfettamente bianco. Tipo i libri antichi, per intenderci: è un difetto o una virtù?
Riciclata o di cellulosa vergine?
Si usa cellulosa vergine anche per la carta igienica, affinché il nostro delicato culetto non debba soffrire l’onta della carta riciclata. Bianco è il colore della purezza: mica potete sporcare di maron una carta che è già marroncina! Pazzesco. Ma ora stiamo parlando d’altro: su cosa stampare?
L’industria cartiera ha sparso la voce che la carta ecologica consumerebbe più energia e inquinerebbe di più della carta tradizionale. Sono balle in malafede: Legambiente ha calcolato che per ottenere 1000 kg di carta vergine occorrono 15 alberi, 440.000 litri d’acqua e 7.600 kWh di energia elettrica. Per produrre carta riciclata invece zero alberi, 1.800 litri d’acqua e 2.750 kWh. Il problema serio è evitare lo sbiancamento a base di cloro, cioè scegliere un’estetica che ne valorizzi il colore opaco e granuloso invece di volere la bianchezza “igienica”.
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