Se vuoi comprendere quello che un altro ti sta dicendo, devi assumere che ha ragione e chiedergli di aiutarti a vedere le cose e gli eventi dalla sua prospettiva”

Marianella Sclavi 1

Dicevamo nel primo libriccino, a proposito della lingua matrigna del marketing, che siamo tutti competenti nel riceverla, non nell’emetterla.

Come riceventi ad esempio sappiamo ben poco di font, probabilmente non distinguiamo un Bodoni da un Comics; ma se la banca ci mandasse l’estratto conto in Comics tutti inconsciamente capiremmo che c’è qualche problema.
Analogamente non sapremmo progettare il nostro logo ma tuttavia non manderemmo volentieri il nostro bimbo in un nido il cui logo è tutto a spigoli.
Quando siete riceventi, cioè siete fuori dal labirintico processo ideativo, inconsciamente sapete cogliere molte sfumature. Quando diventate emittenti entrate nel labirinto delle mille scelte (quale colore, font, slogan… ogni volta le vostre scelte sono ad un bivio ): c’è la stessa differenza tra guardare una partita e saper giocare quello sport.
Una soluzione c’è: criticarsi vicendevolmente. Chiunque fa meno fatica a vedere la paglia nell’occhio del vicino che la trave nel proprio. È normale.

Cos’è l’error sharing

Oltre a fare il car sharing, l’house sharing e il food sharing, sarebbe il caso di fare anche l’error sharing, scoprirsi reciprocamente le imperfezioni da correggere.
Per non essere permalosi basta essere in un clima win-win e non considerare i propri lavori come se fossero dei figli (vedi oltre, quando ci chiederemo se siamo mammiferi o piante)

Anche in questo caso chi vuole farsi del male ha molte opportunità per facilitare il disastro.

La sindrome del comunicatore permaloso

Quel cafone ce l’ha con me. Mi ha attaccato davanti a tutti perché dice che il volantino sulla raccolta differenziata delle lattine è “incasinato”. Figuriamoci, lui che dice incasinato a me, lui che la moglie lo ha lasciato! e se l’ha lasciato così ci sarà pure un motivo…

La sindrome del comunicatore solitario

Uscite, non distraetemi. Devo stare solo a pensare, se guardate il monitor mentre io lavoro voi giudicate anche me, e io non posso essere giudicato, non lo reggerei, vedrei nei vostri occhi un sacco di critiche (che magari esistono solo nella mia mente). No, rientrate quando ho finito, che il mio lavoro sia un prodotto e non un processo, così giudicate non me ma il volantino.

La sindrome del genio incompreso

La mia Opera mi rappresenta, voi mortali non potete capirne le intime logiche profonde, non potete giudicarmi perché vi limitate alla parte superficiale, ma quando avrò stampato questo geniale volantino sulla raccolta porta a porta delle lattine di alluminio anche voi finalmente capirete con chi avete a che fare.

La sindrome della sveltina

“Scusa, l’ho fatto così perché abbiamo dovuto farlo di corsa…” oppure “Sai, con tutte le cose che abbiamo da fare…”. o ancora “devi mandarlo in stampa dopodomani, come viene, viene…”
C’è perfino la versione orgogliosa: un collega davanti a un raccapricciante banner per fiera di due metri (50.000 visitatori) mi disse: “vabbè, fa un po’ schifo, ma pensa che l’ho fatto in tre ore!”

La sindrome del “Non ho bisogno di nessuno, io”

Ma che vuoi, aiutarmi? A me? Ma occupati del lavoro tuo, che nel tempo che ci metto a spiegarti il come e il perché, ho già finito da solo.

La sindrome del “me l’ha detto il capo”

Chi ha chiesto il tuo parere? Se ha incaricato me significa che è di me che si fida! tu che vuoi?

La sindrome del “fanno tutti così”

Smettila di darti quelle arie da alternativo che vuole fare tutte le cose strane! Se tutti scrivono “conferire” invece di “buttare via” ci sarà un motivo, no? E allora io qui ci scrivo “conferire”, va bene? Non voglio farmi prendere in giro da tutto l’ufficio, non voglio espormi alle critiche del capo.

La sindrome del “se parlo difficile avrò prestigio”

(Guardacaso è molto simile alla precedente).
Se chi è istruito scrive “conferire” invece di “buttare via” è perché adotta un vocabolo più tecnico, più specialistico, quindi genera un’immagine più autorevole. E allora qui ci scrivo “conferire”, va bene? Voglio che tutto l’ufficio sappia come sono colto, spero di avere i complimenti del capo.

La sindrome del “se glielo dico si offende”

Non diciamogli niente: poverino, già è così timido, se per una rara volta si espone a scrivere un volantino gli diciamo che non si capisce niente, chissà come ci rimane male.

Quest’ultima è una sindrome degli interlocutori omertosi, una delle tante: potete provare con tutte le precedenti e accorgervi che c’è sempre la sindrome speculare, quella di chi dovrebbe obbiettare, correggere, migliorare e, invece, tace.

1 è una delle “Sette regole dell’arte di ascoltare” pag 249 di Arte di Ascoltare e Mondi Possibili”
Paravia Bruno Mondadori 2003
Vedi anche www.click.vi.it/sistemieculture/sclavi.html